Un forse irrituale saluto d’incipit a tutti, ma è il mio debutto nel forum (chiuse le formalità!).
Innanzitutto mi “autodenuncio” come colpevole per aver sollevato, evidentemente per l’ennesima volta, la questione e riporto un paio di considerazioni in merito al regolamento, solo dopo la lettura del quale mi ero permesso di scrivere la nota da cui ha preso forma la proposta.
Da quanto si legge nei vari punti, sembrerebbe che le regole per la mappatura siano sostanzialmente riassumibili nei tre seguenti criteri, in ordine di priorità:
- una serie di casi particolari, stabiliti convenzionalmente in modo piuttosto chiaro (e fra questi viene fatto l’esplicito esempio di numeri naturali - convertiti talvolta in cifre, talvolta in lettere, a seconda del contesto - ma non di numeri ordinali);
- l’indirizzo di “mappare quello che esiste sul terreno” (vistosamente riportato in grassetto), qualora non ricada entro i casi precedentemente elencati;
- la successiva indicazione, in ultimo punto e quindi apparentemente come ultima alternativa (ad esempio in presenza di disomogeneità della segnaletica sul terreno), di rimettersi alle norme ISTAT.
La scelta di applicare il regolamento (che le sue convenzioni piacciano o meno) sembrerebbe quindi suggerire di riportare - almeno in questo caso - la dicitura Vittorio Emanuele II, in quanto uniformemente osservabile su tutte le lapidi della strada, essendo il ricorso alle norme ISTAT lasciato solo ad altre circostanze (assente o non univoca segnaletica in loco, per citarne alcune).
Se la comunità italiana ha invece concordato di adottare il regolamento ISTAT come fonte toponomastica prioritaria, con la sola eccezione dei pochi casi esplicitamente esemplificati in cima al regolamento, sarebbe allora forse utile far riordinare compatibilmente i punti del regolamento al link di cui sopra. Ad esempio anteponendo come sia il regolamento ISTAT a fungere da riferimento primario (secondario, se contiamo le eccezioni presentate nella lista) e lasciando in ultimo punto l’invito a mappare quel che è visibile sul terreno (qualora ad esempio non si abbia accesso o conoscenza del regolamento ISTAT).
Come considerazioni strettamente personali, indipendenti da discussioni precedenti (che non ho avuto modo di leggere) e senza alcuna pretesa, condivido invece alcune valutazioni che renderebbero a mio avviso coerente ed auspicabile l’introduzione di un’apposita eccezione (al pari di quelle che stabiliscono - in contraddizione a “quel che esiste sul terreno” ed al regolamento ISTAT - come trascrivere i numeri naturali) per la trascrizione dei numeri romani dei nomi.
Anzitutto, come riportato nella nota, leggere Vittorio Emanuele Secondo o ancor più Papa Giovanni Ventitreesimo lascia effettivamente un po’ perplessi, non solo per questioni ‘estetiche’, ma perché appare contraddire tutte le prassi toponomastiche e cartografiche invalse. Anche sorvolando sulle vetuste lapidi in marmo della via in questione, personalmente mai ricordo di aver letto un Vittorio Emanuele Secondo, né su contemporanea segnaletica stradale catarifrangente, né su carta, né su mappe digitali. In effetti, più che un’eccezione per la ‘trascrizione’ dei numeri romani in OSM, sembrerebbe candidarsi ad un’eccezione per la ‘preservazione’ dei numeri romani in OSM.
Riguardo invece all’attuale regolamento per la trascrizione dei numeri (rammentando come si faccia riferimento solo ai numeri naturali, non a quelli ordinali), riepilogo le convenzioni/eccezioni in esso contenute:
- trascrivere in lettere i numeri naturali (Via delle 7 Chiese → Via delle Sette Chiese);
- sulle date il regolamento non è altrettanto lineare, perché indica di trascrivere in lettere le date contenenti giorno e mese (Via XXV Aprile / Via 25 Aprile → Via Venticinque Aprile)…
- …mentre in presenza di date complete prescrive di riportare in numero sia il giorno che l’anno (Via Venticinque Aprile 1945 / Via 25/04/1945 / Via XXV IV MCMXLV → Via 25 Aprile 1945).
Nel primo caso direi che la convenzione ubbidisca al criterio di rendere in lettere un numero, come prassi stilistica in italiano e nei testi scritti. Ed in tema di prassi stilistico-linguistiche, Vittorio Emanuele II mi apparirebbe maggiormente appropriato di Vittorio Emanuele Secondo.
Nel secondo caso, la trascrizione in lettere potrebbe suggerire di mappare analogamente i numeri ordinali dei titoli nobiliari, ma occorre sottolineare un aspetto fondamentale: frequentemente la segnaletica esprime le date proprio in lettere, mentre personalmente non mi è mai capitato di incontrare numeri ordinali nobiliari scritti in lettere. Qui a Firenze abbiamo ad esempio “Via Ventisette Aprile”, così riportata in tutte le lapidi, ed un’altra via riportata su lapide il più delle volte come “Via Venti Settembre” ma talvolta anche come “Via XX Settembre”. La convenzione di trascrivere le date in lettere sembra quindi più l’elezione di uno dei vari standard in uso (forse il più comune) che una scelta concettuale a favore della trascrizione in lettere a priori.
Nel terzo ed ultimo caso (date con giorno, mese ed anno) credo che si sia semplicemente scelto - in deroga a quanto stabilito per altri casi simili (nonché al regolamento ISTAT) - di trascrivere i numeri in cifre per leggibilità e brevità: un 1945 in lettere immetterebbe una lunghezza poco gestibile e leggibile (ma anche ventitreesimo non scherza…), soprattutto se sommata alle altre parti del nome. Anche in questo ambito, un’eventuale eccezione a favore del mantenimento dei numeri romani nei titoli asseconderebbe brevità e leggibilità degli indirizzi (dovendo chiaramente escludersi soluzioni a base di numeri arabi, come Vittorio Emanuele 2°).
Tutto ciò premesso (e scusandomi per la prolungata dissertazione), se c’è convergenza sul dare priorità alle indicazioni ISTAT rispetto alla segnaletica territoriale o a valutazioni di altro tipo, si lasci tutto com’è e si proceda in direzione dell’uniformazione delle etichette dissonanti.
P.S.: Sarebbe forse utile dare una sbirciata in ottica comparativa alle convenzioni usate in altre lingue e comunità di OSM, anche se forse non proprio quella anglofona, dato che in inglese c’è la prassi di aggiungere l’articolo “the” agli ordinali, il che si presta a ponte verso la “sostantivizzazione” (e quindi la trascrizione in lettere) anche degli ordinali coinvolti.